Fin dal neolitico la donna è programmata al mantenimento della coppia: dovendo portare avanti una o più gravidanze, era necessario che non cambiasse partner (che si sarebbe rifiutato di dar da mangiare ai figli di un altro). Questo bisogno è proseguito nel tempo: anche quando la società si è evoluta, per la donna, tenuta lontana dal mondo del lavoro in nome dei figli e della casa, restava fondamentale la protezione offerta da un partner fisso (un marito), che si occupasse delle sue necessità e di quelle dei figli. La donna doveva insomma attaccarsi all'uomo con cui stava: se perciò riusciva ad amarlo, o a credere di amarlo, tanto meglio. La donna si è così costruita nel tempo l'immagine di una persona non interessata al sesso, ma al sentimento: all'amore. E la società ha incoraggiato il mantenimento di quest'immagine. La donna era perciò costretta a calarsi sempre e comunque nel ruolo dell'innamorata. Con grossi rischi: se le capitava, ascoltando la voce del desiderio, di entrare in intimità con un uomo - magari innamorato, oppure capace abilmente di sollecitarla - non potendo ammettere - pena la disapprovazione della società, e il disprezzo di se stessa - di averlo fatto solo perché fisicamente attratta da lui, doveva dire a se stessa: "Lo amo". Al mantenimento di questo stato di cose concorrono i media, che da sempre hanno alimentato la confusione fra l'attrazione e l'amore: le canzoni, i film, le fiction e i serial televisivi contrabbandano per amore eterno" quello che invece è soltanto un colpo di fulmine, destinato per sua natura ad esaurirsi in poco tempo. Anche il maschio è vittima di questo bombardamento mediatico: ma per lui, la possibilità che si possa far sesso senza essere innamorati esiste da sempre. Non ha perciò la necessità di credersi innamorato ogni volta che un bel seno o delle belle natiche attirano il suo interesse. Nonostante l'emancipazione abbia fatto fare alla donna dei grandi passi avanti in tutti i campi, in questo territorio c'è ancora molto da fare. Accade infatti spesso che la donna sia vittima inconsapevole di un meccanismo psicologico che si chiama "dissonanza cognitiva", che risale erroneamente alla causa a partire dall'effetto: "Sono stata con lui: e siccome questo si fa solo con la persona che si ama, evidentemente lo amo". Questa "dissonanza cognitiva" porta la donna a soffrire se viene lasciata dal (presunto) amato: e a volte a soffrire ancora di più, se, (auto)convintasi di amarlo, se lo sposa.(Per non parlare della sofferenza che scaturisce dalla possibilità di mettere al mondo dei figli).
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